Birra Bionda: caratteristiche e curiosità
Premettendo che esistono diversi tipi di birra “bionda”, le cui differenze, dal punto di vista gustativo, probabilmente sono meglio note agli estimatori che non ai consumatori occasionali, c’è da chiedersi anzitutto: perché la birra è bionda?
Il colore biondastro della bevanda si deve principalmente al tipo di cereali utilizzati e al grado di tostatura del malto, la cui essicazione, al contrario di quanto avviene per le birre scure, non viene effettuata ad alte temperature.
Per fare ordine e chiarezza tra le diverse gradazioni di biondo, ci viene in aiuto la scala EBC (European Brewing Convention), che “misura” con 4 EBC le bionde più leggere come le Weiss e le Pale Lager, fino ad arrivare a 12 EBC nel caso della American Pale Ale o delle Indian Pale Ale.
Se a livello industriale le birre bionde possono perdere qualcosa in termini di sapore, subendo una bassa fermentazione e facendo un uso massiccio di mais e riso, diverso è il discorso per le birre artigianali che, pur conservando l’”anima bionda” di una gradazione alcolica bassa, non rinunciano ad una fermentazione più alta che ne possa esaltare anche il gusto.
Tra le più conosciute in questo senso troviamo la blanche.
E’ caratterizzata da un retrogusto speziato e da proprietà rinfrescanti, la weiss, anch’essa rinfrescante ma con un sapore più deciso, e la golden ale, ossia la versione alta fermentazione delle lager o della pilsner leggera.
Altre famose birre bionde sono le lambic, le speziatissime saison, la nostrana birra medievale la Gose, la famosa birra al sale di Lipsia.
Considerata una delle birre più strane al mondo, la Leipziger Gose, dal gusto acido e (appunto) salato, è accompagnata da antiche leggende che la descrivono come una bevanda “magica” capace di rendere gli uomini più forti e le donne più belle!
Vecchia di mille anni, la Gose, seppur associata a Lipsia, prende originariamente il suo nome dal fiume Gose che attraversa Goslar, cittadina famosa per le sue cave di sale.
Proprio per via del sale e dell’alto contenuto di minerali che si riversavano nell’acqua delle fonti usate dai birrai del posto, la Gose ha acquisito il suo particolare retrogusto salato, strenuamente conservato dalla prima casa produttrice, la Rittergut Döllnitz, fino al 1945, allorquando la guerra mondiale distrusse gran parte dei birrifici e ridusse drasticamente l’utilizzo del frumento per produrre birra.
La scomparsa della Gose fu momentaneamente scongiurata da Friedrich Wurzel, ex dipendente della Rittergut Döllnitz, che, con sacrificio e volontà, riuscì a portare avanti la tradizione del birrificio fino al 1966, quando la piccola produzione dovette arrendersi alle grandi multinazionali.
L’ultima Gose fu servita al Fröhlich Hotel di Lipsia il 31 marzo dello stesso anno.
Eppure la Gose, la birra bionda più originale del mondo, vide una nuova rinascita, questa volta per mano di Lothar Goldhan.
Nel 1985 si rivolse ad un piccolo birrificio di Berlino Est, il Berliner-Weisse Brauerei (l’unico che lo assecondò in quella che sembrava una scelta imprenditoriale strampalata!), e ricominciò così a produrre la Gose recuperando la ricetta originaria da un ex dipendente.
Nel 1999 la produzione tornò di nuovo a Lipsia e da allora la birra salata, oltre che negli storici birrifici di Lipsia e Goslar, viene prodotta e reinterpretata in tutto il mondo.
Una curiosità: ancora oggi la Gose viene imbottigliata nelle tipiche bottiglie dal collo lungo prodotte dai vetrai di Venezia, dove il lievito forma un cappello che permette, anche senza tappo, una naturale gasatura della birra.
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